EYIMOFE (This is my desire)
«Volevo solo che il pubblico avesse un’idea di questa parte di mondo che probabilmente non conosce o non ha mai visto. Che si riconoscesse nei personaggi, che empatizzasse con il loro viaggio emotivo. E anche che ricontestualizzasse ciò che ha sentito o meno sulle ragioni che spingono le
persone a lasciare il loro paese». (C. Esiri)
La sequenza iniziale contiene già tutto: un groviglio di fili elettrici, scatole di derivazione, cablaggi approssimativi che Mofe, elettricista autodidatta e tuttofare, deve governare e far funzionare a dispetto del suo capo, del caso, della mancanza di strumenti adatti e di pezzi di ricambio. E’ una sintesi perfetta di quello che deve affrontare il protagonista, il rapporto che ha con la società, le difficoltà di dare alla sua vita l’indirizzo che vorrebbe.
L’altra protagonista del film si chiama Rosa, è una giovane donna che si barcamena con il doppio lavoro di parrucchiera e barista. Mofe e Rosa hanno un sogno, quello di partire per l’Europa e le difficoltà sono tante: i documenti, ovviamente i soldi e la fatica di risolvere ogni giorno i problemi che una città come Lagos – 20 milioni di abitanti – ti mette davanti.
Il film è composto da due episodi intitolati “Spagna” e “Italia”, come i sogni di Mofe e Rosa: le loro sono due vite che si sfiorano senza intrecciarsi ma sono comunque contorti i passaggi che entrambi devono sopportare per sopravvivere: un padrone di casa viscido e avido, la burocrazia invadente e pervasiva (anche morire è costoso a Lagos…), ricatti di anche pesanti per ottenere i documenti e visti necessari per il viaggio (ovviamente non è neppure presa in considerazione la possibilità di ottenerli legalmente..).
Per Rosa sembra esserci a un certo punto un barlume di speranza: l’incontro con un giovane americano potrebbe risolvere molti dei suoi problemi ma non sarà facile gestire un rapporto troppo squilibrato sotto tutti i punti di vista.
Su tutto questo emerge un’altra protagonista: la città di Lagos, capitale economica della Nigeria (il più popoloso stato dell’Africa), città viva e luminosa, che sembra accogliere e soffocare coloro che ci abitano. Le riprese aeree e in campo lungo, i panorami urbani e allo stesso tempo la natura dei canali e del mare, dei giardini rigogliosi ne fanno un vero e proprio protagonista del film con il quale Mofe, Rosa e gli altri devono necessariamente fare i conti. La regia lavora molto su questo: dalla scelta di girare in pellicola, alle inquadrature ampie, che spesso partono da un punto di vista
laterale, ricolme di dettagli della strada, della natura sottolineano la volontà di osservare la storia così com’è senza interferire e senza scendere a patti in facili scarti emotivi.
Presentato al Festival di Berlino 2020, in concorso al Toronto Film Festival, premio Valdata e menzione speciale al Torino film Festival 2020.